Dopo anni di calo, torna a crescere il mercato secondario dei fine wine: +3,4% a giugno 2015 sul 2014 del Fine Wine 100 Index (per lItalia ci sono Sassicaia, Ornellalia, Masseto e Solaia) del Liv-Ex, il benchmark del settore
Masseto Solaia Ornellaia Sassicaia gli italiani nel Liv Ex 100Il mercato degli investimenti sui fine wine, dopo anni di segni negativi, torna a crescere. Almeno è quello che racconta il +3,4% di giugno 2015 sul 2014 segnato dal Fine Wine 100 Index, l’indice che monitora le etichette più ricercate sul mercato secondario (ci sono tutti i grandi nomi di Bordeaux, che rappresentano oltre il 70% dell’indice, di Borgogna e Champagne, ma anche l’Italia, con le annate 2009 e 2010 di Sassicaia e Ornellaia, e con le 2010 di Masseto e Solaia. ndr) della piattaforma Liv-Ex, considerata il benchmark del settore (www.liv-ex.com).
Un segnale importante di risveglio, con l’indice che ha chiuso giugno 2015 a quota 244.08 punti, dopo il minimo storico di 234.01 punti toccato in giugno 2014.
Questo non vuol dire che tutti i problemi siano risolti, ma fa guardare al futuro con ottimismo. In primis perché “nonostante una en primeur di Bordeaux 2014 un po’ fiacca - ha detto il direttore del Liv-Ex Justin Gibbs - il mercato secondario tiene molto bene. E poi perché se pochi sono propensi a dire che siamo ad una svolta dopo 4 anni di declino, i nostri indicatori interni ci dicono che è in corso la ripresa che attendevamo da tempo”.
Fonte: Winenews
L'AGROALIMENTARE È UNO DEGLI ASSET DI PUNTA DEL MADE IN ITALY. FILIERA CORTA, INNOVAZIONE DI PRODOTTO E LOGISTICA LE LEVE DELL'EXPORT DI VINO, PARMIGIANO REGGIANO, POMODORI E CONSERVE, FRUTTA E VERDURA
Un un villaggio del latte dove testare profumi e sapori come se invece del latte si trattasse di Barolo o Amarone. Gustare caci e pecorini, i derivati, per carpire le differenze tra quelli di capre e quelli di mucche, tra le stagionature, le esposizioni e persino il mix dei prati di pasco-Io. Una provocazione delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona per valorizzare il senso della filiera. Come hanno saputo fare i produttori di vino, i primi a copiare il modello di business inventato e affermato da anni da Grana Padano e Parmigiano Reggiano. La filiera corta, unione perfetta che dalla terra porta al prodotto stagionato e trasformato. Una formula che vince sulle tavole del mondo, facendo impennare business estero e margini. Nel primo bimestre dell'anno il Parmigiano Reggiano ha fatto registrare un incremento dell'export senza precedenti, 10,1%, secondo i dati del Consorzio di tutela. Un boom trainato dalle vendite negli Usa, che hanno controbilanciato l'embargo russo. E per il futuro si guarda a nuovi mercati emergenti, come la Cina, dove cambia il gusto e carrello della spesa, e che secondo le previsioni dovrebbero tenere alto il ritmo di crescita dell'export agroalimentare italiano. In particolare si registra un significativo incremento del Parmigiano grattugiato, prodotto confezionato dal valore aggiunto superiore. «Un risultato importante perché tutte le operazioni di confezionamento avvengono nel comprensorio di produzione - sostiene Giuseppe Alai, presidente del Consorzio - accorciando la filiera, rendendo più incisivi i controlli e generando nuovo valore nei territori cui il prodotto è storicamente legato». L'80% del Parmigiano Reggiano è prodotto dagli allevatori e agricoltori, nel caso del Grana un poco di meno, il 60%. Il modello èlo stesso. 11 paradosso, però, è che al di fuori di questi due distretti, è poco diffuso nel mondo lattiero-caseario. «E il settore si sta impoverendo», afferma Antonio Piva, vicepresidente di Confagricoltura, presidente di CremonaFiere. «Spiega Piva: «Un litro di latte si vende a 35 centesimi al litro circa, mentre i costi viaggiano attorno 50, c'è una perdita netta. L'Expo di Milano sicuramente farà da volano a nuove soluzioni». Filiera corta, innovazione di prodotto, logistica, marketing, distribuzione: la sfida dell'agroalimentare si gioca su diverse piattaforme. Intanto, per premere sull'acceleratore il ministro dell'Agricoltura, Maurizio Martina, ha varato The Extraordinary Italian Trade, che ha debuttato a Chicago in una delle più importanti fiere degli Usa. Una via maestra è quella seguita dai produttori di vino. Un tempo l'Italia era considerata la damigiana del mondo, vendeva lo sfuso ai grandi trasformatori stranieri. Poi, ecco i primi pionieri, come Angelo Gaja, produttore di Baroli, Barbera e Barbareschi di eccellenza, che ha portato le prime etichette Made in Italy, da solo, negli Usa. Poi, con le nuove generazioni, ecco Marco Caprai che ha inventato il Monte-falco, dal nome del paese in provincia di Perugia che attorno a sé ha fatto crescere un distretto di fama internazionale. Ma oggi i pionieri illuminati che da soli trainano inten territori non bastano più. La concorrenza è forte, bisogna raggiungere paesi sempre più lontani. Servono strategie innovative. Un caso da business school è il Prosecco, le bolli-cine più vendute al mondo, soprattutto in Cina. La leva chiave è stata trasformare il nome del vitigno in quella del territorio di produzione, il distretto a cavallo tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove si producono la Doc, denominazione di origine controllata, e il Valdobbiadene Prosecco Docg, denominazione controllata e garantita. II brand di territorio dà forza e visibilità a tutti i produttori, anche i più piccoli. Una strategia vincente che negli ultimi anni ha fatto emergere l'Asti Spumante, vanto del distretto in provincia di Cuneo, e il Franciacorta. Restando nel mondo del vino, è più in generale la struttura consortile a garantire solidità ai produttori di taglia medio-piccola. Le cooperative vitivinicole e le cantine sociali che fanno capo all'Alleanza delle Cooperative Italiane, 494 in tutto, mettono in moto insieme 4,2 miliardi di euro, di cui oltre il 42% deriva da vendite su mercati esteri che rappresentano una grossa fetta di tutto il vino italiano esportato, il 35%. Tra gli ultimi casi esplosi il Soave, in provincia di Verona, che realizza metà fatturato all'estero. E ora è diventata tra le 30 destinazioni da visitare secondo Wine Spectator bibbia del settore. Dove c'è un distretto, l'export vola: è quanto emerge da una recente analisi del Centro studi e ricerche di Intesa San Paolo, dal quale emerge il rilancio del modello economico italiano. Melinda, la mela trentina Dop, denominazione protetta, è un altro caso da manuale: ha uno dei magazzini più efficienti d'Europa per lo stoccaggio delle merci e ne ha realizzato un altro super innovativo con zero impatto ambientale per la refrigerazione delle mele dentro una montagna. Possiede una logistica perfetta e ha centralizzato la commercializzazione. Risultato: 4.000 famiglie socie raccolte sotto un unico brand tengono testa ai mercan mondiali. Con le stesse strategie è tutto il comparto dell'ortofrutta che ha rialzato la testa, passando da logiche di sovvenzioni e orticelli a sfide globali che hanno portato l'Italia al secondo posto nel mondo per produzione e export dopo la Spagna. La rivoluzione è partita dalla materia prima, che da semplice prodotto dell'agricoltura, da commodity, è divenuta un vero e *** proprio prodotto alimentare, con un suo stile, un suo packaging, elementi che contribuiscono ad aggiungere valore al prodotto finito. Insalate pulite e tagliate, frutta sbucciata e con forchettina pronta, snack "to go": i prodotti di quarta gamma tirano soprattutto nei paesi emergenti e fanno lievitare i margini di profitto. Nel settore del pomodoro, dove già il 50% del fatturato si fa all'estero con i trasformati in scala, l'innovazione passa attraverso il polo del pomodoro da industria, istituito lo scorso anno e che unisce i distretti del nord e del sud. «Abbiamo così un distretto che mette sotto un'unica governance parte agricola e parte industriale, rendendo la filiera più efficiente e competitiva e dunque più integrata», spiega Giovanni De Angelis, direttore Anicav, la più importante associazione di settore. La stessa soluzione adottata dal riso, che all'Expo non si è unito al cluster deiproduttori mondiali, ma ha scelto una sede autonoma presso il Padiglione "Ci-bus è Italia" di Federalimentare e ha ottenuto il riconoscimento Made in Italy: «Il riso italiano, con tutte le sue varietà, dall'Arborio al Carnaroli, dal Vialone Nano all'Originario non è una pura commodity, ma una eccellenza che consente di preparare piatti tipici italiani, come il risotto e su questo vogliamo impemiare nuove strategie di commercializzazione», racconta Roberto Magnaghi, direttore Ente nazionale risi. L'Italia copre il 52% della superficie coltivata a riso nell'Ue ed esporta il 52% in Europa e 1'11% fuori Europa.«Ma ora la battaglia è alzare la redditività con una maggiore integrazione della filiera». Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole .
Fonte: Repubblica Affari e Finanza
Autore: Jadeluca Paola
Competitività. Intesa tra produttori europei, americani e Icann sull'utilizzo dei suffissi «.vin» e «.wine» Vino, accordo sui domini web Curbastro (Federdoc): «Tutela per i produttori e garanzia per i consumatori»
Sulla tutela delle indicazioni geografiche e in particolare dei vini di qualità il mondo"virtuale" si sta dimostrando più efficace di quello reale. Infatti mentre nei negoziati internazionali, primo tra tutti quello sull'accordo commerciale Usa-Ue, la tutela dei prodotti alimentari di qualità fa fatica a essere recepita, on line, invece, si riescono a individuare soluzioni in grado di conciliare le esigenze di mercato con le esigenza di difesa dalle contraffazioni. Va decisamente in questa direzionel'accordoraggiuntoneigiorni scorsi e che ha visto da un lato Efow (l'associazione europea dei vini a indicazione geografica) e l'Avas (l'associazione americana che coinvolgelaSonomaCountryVmt-ners, la Long Island Wine Council, la Napa Valley Vintners, l'Oregon Winegrowers Association) e dall'altro l'Icann (Internet Corporation forAssigned Namesand Numbers). L'intesa chiude un negoziato durato all'incirca due anni e mezzo edisinnescaquellachedamoltiviticoltori europei era stata definita una vera a propria "mina". Llcann, attraverso la società Donuts (che ha materialmente siglato ilRegistryAgreement),avevainfatti avviato le procedure per mettere sul mercato e quindi assegnare al migliore offerente alcuni nuovi domini come, tanto per citare qualche esempio, ".car", ".book" o ".food" ma soprattutto ".vin" e ".wine". Per questi ultimi due il forte rischio era che fmissero in mano di operatori anche del tutto estranei alla produzione vitivinicola che avrebbero così potuto commerciali77are vini su piattaforme on line denominate ad esempio www.brunello.wine o www.champagne.vin senza alcun legame né con il Brunello di Montalcino né tantomeno con lo Champagne. Il tutto con evidenti confusioniper i consumatori finali. Da qui la controffensiva messa in piedi dai vignerons europei (guidati da italiani e francesi) riuniti nell'associazione Efow cui si sono via via affiancati anche i produttori americani e che è sfociata nell'accordo relativo ai suffissi ".vin" e .wine". «L'intesa, oltre a tutelare i produttori - ha sottolineato Riccardo Ricci Curbastro, presidente di di Efow e di Federdoc (la federazione italiana dei vini Doc) - avrà un ruolo chiave per garantire ai consumatoriealsettorevitivinicolo degli strumenti idonei per la lotta al cybersquatting, ai falsi e ingenere alle confusioni tra prodotti alimentari». I dettagli dell'accordo saranno resi noti nelle prossime settimane ma a quanto si apprende l'intesa dovrebbe garantire ai produttori vitivinicoli e alle loro associazioni una priorità rispettoadaltrioperatori nell'acquist o dei suffi ssi".vin" e".wine". «Il compromesso raggiunto - concludeRicci Curbastro - pone le basi ottimali per lo sviluppo di un mercato online in un clima di ritrovata fiducia e, insieme ai recenti accordi antipirateria siglati dal ministero per le Politiche agricole con piattaforme come ebay e alibaba, ci lascia immaginare come sulla rete almomentosiregistriunasensibilità riguardo alla difesa del food di qualità dalle imitazioni superiore a quella riscontrata nei mercati convenzionali».
Autore: Giorgio dell'Orefice
Fonte: Sole24Ore