Infowine30.6: finanza, consumi, export per fasce

Il vino accelera sulla finanza

Enologia. Il settore punta su una maggiore capitalizzazione per affrontare i mercati internazionali Listino e minibond, il vino scopre la finanza

Dopo tante quotazioni annunciate e puntualmente smentite adesso la borsa per il vino made in Italy è finalmente una realtà. A fine gennaio si è infatti quotato al listino AIM, specializzato nelle Pmi, Italian Wine Brands, gruppo nato dalla fusione di Giordano vini (leader delle vendite dirette e per corrispondenza e oggi uno dei maggiori pla yer dell’e -commerce) e Provinco, azienda trentina tra i principali fornitori di etichette italiane alla Gdo estera. Le due aziende hanno così dato vita a un operatore da 140 milioni di fatturato. Ma non solo. Debutta oggi, sempre al listino AIM, Masi agricola, vera e propria griffe de ll’Am ar one che collocherà sul mercato una percentuale vicina al 25% del proprio capitale. Se due indizi non fanno una prova, a confermare un deciso cambio di passo nei rapporti tra la finanza e il settore vitivinicolo italiano, è anche la recente emissione di un prestito obbligazionario da 5 milioni (interamente sottoscritto da Pioneer i nv es ti me nt ) effe tt ua to da Moncaro–Terre Cortesi. Una cantina sociale con 862 soci a conferma che anche nella parte più tradizionale e old style, della base produttiva italiana qualcosa comincia a muoversi. «Cinque mesi di listino sono già sufficienti per tracciare un bilancio più che positivo – dice Simone Strocchi, vicepresidente esecutivo di Italian Wine Brands (al cui vertice siede Mario Resca) –. Sul mercato abbiamo offerto u na combinata azioni/warrant che a fronte di un investimento iniziale di 10 euro oggi sono quotate 10,5 le azioni e 1,5 i warrant con una performance del +20% in cinque mesi. Molto bene quindi, anche se resto convinto che si possa fare di più. Il nostro target price è stimato attorno ai 13,5 euro. Il flottante è di 41 milioni (la quota del capitale sul mercato è del 62%) che è andato in parte ad abbattere debiti pregressi di Giordano vini e in parte rappresenta una riserva di liquidità che verrà ora utilizz a t a p er n uo ve ac quis izio n i. P u n ti am o a r il evar e a br eve una terza realtà significativa del settore per poi migrare al segmento STAR della Borsa». L’altra operazione significa- tiva è la quotazione di Masi agricola che nell’ambito di un aumento di capitale lascerà invariata la quota della famiglia Bos cain i al 75% p o r tan d o s ul mercato il restante 25 per cento. «Siamo la prima azienda viticola, che produce vino da vigneti di proprietà – spiega il presidente, Sandro Boscaini (che è anche presidente di Federvini) – a sbarcare in borsa. Sono convinto siamo di fronte a una svolta per il settore. Resa possibile dai passi avanti compiuti tanto dal mondo della finanza (attento a non invadere le scelte gestionali delle imprese) quanto dai produttori che vedono la finanza come una leva che può aiutare a compiere quella cresc ita dim ens ion al e s enza la quale non saremmo competitivi sui mercati». E a chiudere il cerchio della nuova stagione nei rapporti vino-finanza l’apertura al mercato anche di una cantina sociale come Moncaro-Terre Cortesi. La coop marchigiana ha emesso infatti un minibond (quinquenn ale) c he vorr ebbe o ra quotare sul segmento profession ale d el m erc ato Extra . «Ci siamo rivolti al mercato – spiega il presidente Doriano Marchetti – per finanziar e il processo di espansione all’estero. Dopo le mete consolidate di Regno Unito Germania, Olanda, Canada e Giappone vogliamo esplorare nuovi mercati come Cina e India». «L'interesse degli investitori – dice Domenico Zonin, presi- dente dell’Unione italiana vini e ad del gruppo di famiglia – è stato acceso dalla capacità dimostrata dall’alimentare di resistere alla crisi. La presenza della finanza può ora aiutare le Pmi a crescere dimensionalmente. Attenzione però – spiega Zonin –: nessuno vuole cancellare le piccole imprese che hanno promosso l’immagine di artigianalità oggi riconosciuta nel mondo al vino italiano. Ma le piccole aziende vanno affianc ate d a al tre più gran di. Quattrocento milioni di bottiglie di Prosecco non possono certo essere vendute “porta a porta”. Occorrono operatori in grado di lavorare sui grandi volumi. Piccoli e grandi devono lavorare insieme come realizzato dai francesi. E in questo la finanza può aiutare»

 

Fonte: Sole 24 Ore


Consumi, il 2015 si è aperto con un trend positivo

SOTTO LA LENTE I DATI DI FEDERVINI: «PUNTIAMO MOLTO SULL'EXPORT». IL 2014 HA SORRISO SOTTO LA LENTE I DATI DI FEDERVINI: «PUNTIAMO MOLTO SULL'EXPORT»

Il 2014 ha sorriso Consumi, il 2015 si è aperto con un trend positivo PER i consumi italiani di vino, il 2015 si è aperto con un trend positivo nei settori rappresentati da Federvini, che lascia ben sperare per i prossimi mesi. «Ma per dare spinta al comparto occorre che governo e istituzioni vengano maggiormente incontro alle esigenze di semplificazione burocratica, da una parte, e di alleggerimento fiscale dall'altra. Puntiamo molto sull'export che continua a crescere ed è per questo che sul fronte dell'internazionalizzazione rileviamo l'importanza degli accordi di libero scambio». L'analisi è di Sandro Boscaini, presidente di Federvini. Nel 2014, precisa Federvini - Federazione Italiana Industriali Produttori Esportatori e Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti e Affini - le esportazioni di vini e mosti hanno confermato un andamento positivo sia in valore con 5 miliardi 281 milioni di euro ( 1% sul 2013) che in volume con 21 milioni 548 mila hl ( 0,3%). Complessivamente le esportazioni di vini e mosti in valore sono destinate per il 53,1% all'Unione europea, per il 46,9% ai mercati extra Ue. Gli spumanti hanno registrato un trend di crescita importante sia in valore ( 13,9%) che in volume ( 18,2%): il Regno Unito è il mercato più premiante con aumenti in valore del 43,2% e in volume del 51,9% rispetto al 2013. I vini aromatizzati invece hanno presentato sensibili rallentamenti, con alcune eccezioni in Romania e in Ungheria con degli aumenti in volume pari rispettivamente al 16,3% e del 10,8%. In ambito extra Ue, gli Stati Uniti sono il primo paese di destinazione, con un valore che si aggira a poco più di un miliardo di Euro ( 4,4%). PER i consumi italiani di vino, il 2015 si è aperto con un trend positivo nei settori rappresentati da Federvini, che lascia ben sperare per i prossimi mesi. «Ma per dare spinta al comparto occorre che governo e istituzioni vengano maggiormente incontro alle esigenze di semplificazione burocratica, da una parte, e di alleggerimento fiscale dall'altra. Puntiamo molto sull'export che continua a crescere ed è per questo che sul fronte dell'internazionalizzazione rileviamo l'importanza degli accordi di libero scambio». L'analisi è di Sandro Boscaini, presidente di Federvini. Nel 2014, precisa Federvini - Federazione Italiana Industriali Produttori Esportatori e Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti e Affini - le esportazioni di vini e mosti hanno confermato un andamento positivo sia in valore con 5 miliardi 281 milioni di euro ( 1% sul 2013) che in volume con 21 milioni 548 mila hl ( 0,3%). Complessivamente le esportazioni di vini e mosti in valore sono destinate per il 53,1% all'Unione europea, per il 46,9% ai mercati extra Ue. Gli spumanti hanno registrato un trend di crescita importante sia in valore ( 13,9%) che in volume ( 18,2%): il Regno Unito è il mercato più premiante con aumenti in valore del 43,2% e in volume del 51,9% rispetto al 2013. I vini aromatizzati invece hanno presentato sensibili rallentamenti, con alcune eccezioni in Romania e in Ungheria con degli aumenti in volume pari rispettivamente al 16,3% e del 10,8%. In ambito extra Ue, gli Stati Uniti sono il primo paese di destinazione, con un valore che si aggira a poco più di un miliardo di Euro ( 4,4%).

Fonte: il Resto del Carlino

 


Export italiano di vino per fasce di prezzo

Il posizionamento dei vini fermi Dop e Igp indica una costante riqualificazione verso l'alto negli ultimi cinque anni

Un processo di graduale riqualificazione sta accompagnando l’export di vini italiani nel mondo. Lo si evince dalle statistiche, che indicano una costante crescita del prezzo medio dei nostri vini per il mondo. Tra i protagonisti di questo upgrade ci sono i vini con Indicazione geografica, quindi Doc-Docg e Igt/Igp, che costituiscono il grosso delle esportazioni di vini fermi in bottiglia.

Attraverso alcune elaborazioni abbiamo ricostruito il price point di ognuna delle due categorie negli ultimi 5 anni, per identificare dove si stia effettivamente crescendo.

Per i vini Dop, il cui export dal 2010 al 2014 è cresciuto da 1,5 a 1,8 miliardi di euro, vi è una costante dinamica di aumento del posizionamento: se nel 2010 il 30% circa dei vini esportati era nella fascia sotto i 3 euro al litro (450 milioni di euro), quatto anni dopo questa fascia è andata asciugandosi, fino a diventare assolutamente marginale (3%). A crescere sono state soprattutto la fascia 3-5, passata da 752 milioni del 2010 al miliardo del 2014, dove ha trovato una sua stabilizzazione attorno al 60%. Quella che continua invece a crescere in maniera più decisa è la fascia immediatamente superiore (5-7 euro), che ha raddoppiato il proprio peso (dal 17% al 33%), quasi triplicando i fatturati: da 255 a 610 milioni di euro. In crescita anche le fasce top, soprattutto quella sopra i 9 euro al litro, arrivata al 4% di quota, complice il lento posizionamento dei vini italiani su mercati più remunerativi come – tra gli altri – Singapore e Hong Kong.

 

 

Tendenzialmente simile nelle dinamiche la situazione dei vini Igp: qui però, al contrario dei vini Dop, la crescita nel 2014 non si è arrestata, ma anzi si è arrivati al record del miliardo e 300 milioni di euro, contro i 979 del 2010. La fascia basic (sotto i 2 euro al litro), pur restando stabile sopra i 200 milioni, ha perso di peso: dal 26% al 17%. Un peso guadagnato a cavallo del 2012 dai vini prezzati tra 2 e 3 euro, al record di 442 milioni nel 2012, ma poi ridiscesi nel 2014 a 363, per pesi percentuali sbalzati dal picco del 38% al 28%. La crescita quindi sta tutta nella fascia superiore, quella tra 3 e 4 euro al litro: 200 milioni in due anni, per una quota sul totale passata dal 20% al 32%. In crescita, anche se meno tumultuosa, le fasce al vertice: la 4-5 euro sta al 13%, con un guadagno in termini monetari nel quadriennio di poco meno di una quarantina di milioni di euro, mentre quella top, sopra 5 euro, porta in cascina una trentina di milioni in più, per un peso percentuale rimasto stabile attorno all’11%.

 

Fonte: Uiv

 

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