Nuove iniziative all'estero, investimenti per Vinitaly Cantiere per un parcheggio da oltre 2.300 posti
Sviluppo e controllo «Il cda della fiera ha già approvato investimenti mirati per lo sviluppo di Vinitaly. Ora si tratta di decidere, ma lo faranno i soci, quale forma adottare per rendere Vinitaly più competitiva. Una cosa è certa: l'evento rimarrà sotto il controllo di Veronafiere e dalle sua compagine societaria» Maurizio Danese, presidente di Veronafiere di Katy Mandarino Fntrano nel vivo quest'anno i pro- getti più importanti previsti dal piano di sviluppo 2015-17 di Veronafiere. Nuove iniziative all'estero, in particolare in Iran, avviamento dei cantieri per il rafforzamento delle infrastrutture, potenziamento degli eventi di punta, con un occhio di riguardo al Vini-taly,sono alcuni degli obiettivi che l'ente scaligero si prefigge di raggiungere nell'ambito di un investimento complessivo, già deliberato, di 31 milioni di euro. Si tratta di un piano di sviluppo di tutto rispetto e di respiro internazionale, che, "arricchito" dall'operazione straordinaria di organizzazione del padiglione Vino-A taste of Italy all'Expo di Milano, è destinato a cambiare, potenziandolo, il ruolo dell'ente veronese nel panorama delle fiere nazionali ed europee. Sul versante internazionali77 wione, l'iniziativa più innovativa riguarda i progetti in Iran dedicati al settore agricolo, a quello del marmo e al comparto delle macchine per costruzione. Colloqui con interlocutori iraniani sono stati già intrapresi, anche sulla scia della visita lo scorso settembre a Marmo-mace del viceministro iraniano dell'economia Jafar Sargheini. «Stiamo lavorando molto a un evento nel Paese mediorientale che rappresenti i tre settori - dice il direttore di Veronafiere Giovanni Mantovani - e presto arriveremo alla stesura di un protocollo comune. L'Iran offre numerose possibilità di business, è un Paese in grande ripartenza». Sul versante interno, Veronafiere darà inizio quest'anno ai lavori per la realizzazione del nuovo parcheggio multipiano "Re Teodorico": investimento da oltre 12,6 milioni di euro per più di 2.300 posti auto. Mentre è previsto il completamento del Padiglione 1o, che sarà pronto ad aprile, a fronte di un investimento di 4,5 milioni. Ma è su Vinitaly che si concentreranno quest'anno le maggiori energie dell'ente veronese. Gli sforzi si esplicheranno su due fronti: quello interno, con lo studio di un piano di sviluppo "dedicato", e quello esterno, con la rivisitazione di alcuni eventi "chiave" all'estero. «Il consiglio di amministrazione della fiera- spiega il neopresidente Maurizio Danese, succeduto a Ettore Riello lo scorso ottobre- ha già approvato investimenti mirati per lo sviluppo di Vinitaly. Ora si tratta di decidere, ma lo faranno i soci, quale forma adottare per rendere Vinitaly più competitiva. Una cosa è certa: l'evento rimarrà sotto il controllo di Veronafiere e dalle sua compagine societaria Nessuna delle soluzioni che si prospettano ha come subordinata che Vinitaly sia sganciata dalla fiera di Verona». Le ipotesi sul tappeto parlano della possibilità di creare una newco che renda Vinitaly piattaforma sempre più internazionale; non più solo una fiera che attira buyer da tutto il mondo, ma hub di servizi e di iniziative a valore aggiunto che possono essere esportate in modo più snello. E che possa sviluppare sul territorioveneto e italiano una serie di iniziative durante tutto l'anno. «Sottoporremo ai soci le idee che abbiamo - continua il presidente-. Idee che potranno essere sviluppate, secondo noi, grazie anche al coinvolgimento di una fmanziaria governativa, come può essere Simest». Intanto, si pensa alla rivisitazione di tre eventi in Cina, mentre prosegue lacollaborazioneconCibuseTuttofood prevista dal piano Mise per la valoriz7a7ione del made inItaly, che vede lacompresenzadelle tre fiere in due eventi negli Stati Uniti. Veronafiere ha chiuso II 2015 con 78 milioni di ricavi, in crescita dai 75,2 del zo14, comprensivi dei 9 milioni generati dall'Expo di Milano, e un Ebitda a 6,6 milioni (8,5% sui ricavi). Calendario 2015 con 68 fiere ed eventi, di cui 49 in Italia e 19 all'estero in 12 nazioni.
Trenta milioni dalla fase due del Piano per il made in Italy Una fase due da 30 milioni.
Il rafforzamento del sistema fieristico, parte del Piano straordinario per il made in Italy, è al giro di boa. A beneficiare della prima tranche di finanziamento, pari a circa 45 milioni, 35 fiere di livello internazionale, di cui nove programmate nei primi mesi del 2016 (Altaroma, Sigep, Simac Tanning Tech, Cibus, Salone del Mobile, Xylexpo, Cosmoprof, Vinitaly e Mido). Il budget appostato per il 2016 invece, per un valore di circa 30 milioni, può andare a coprire una fitta rete di eventi (27) previsti quest’anno e nove programmati per il 2017 (Sigep, Expo Riva Schuh, Simac Tanning Tech, Mido, Cosmoprof, Vinitaly, Salone del Mobile, Autopromotec, Tuttofood). A fronte dei circa 5 milioni destinati in media ogni anno nei cinque anni precedenti, le risorse stanziate dal Piano per il sistema fieristico hanno rappresentato di sicuro un punto di svolta, anche se non sono ancora disponibili dati con- solidati per misurare il ritorno in termini di pubblico e di business. L’inserimento delle fiere nel Piano per il made in Italy è stato una scelta di Carlo Calenda, viceministro uscente dello Sviluppo economico per l’internazionalizzazione, nominato proprio nei giorni scorsi rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea. Tra pochi giorni potrebbe essere definito il passaggio di consegne con chi subentrerà al ministero, con il compito di dare continuità ai progetti per il made in Italy già in piedi. Nell’immediato, il dossier più “caldo” sembra essere quello del tessile-abbigliamento: c’è da completare il tentativo, avviato da Calenda, di arrivare a un accordo tra i vari comparti per un calendario che avvicini le date delle settimane della moda a quelle delle fiere aumentando le sinergie. L’Agenzia Ice sarà ancora il braccio operativo. Per il presidente, Riccardo Monti, «finora il merito principale del programma varato per le fiere è stato avere impostato un disegno ordinato in un sistema storicamente poco compatto e caratterizzato in alcuni casi da concorrenza che tracimava in conflittualità». C’è ancora bisogno di completare l’opera, aggiunge Monti, «ma abbiamo già visto risultati, ad esempio nel settore del food, che vanno nella direzione delle giuste sinergie quando si va all’estero a portare il prodotto made in Italy». Una parte importante delle risorse è stata destinata anche all’«incoming». «Abbiamo lavorato attraverso focus group - dice Monti - per individuare i segmenti di operatori più interessanti da attrarre. Il principio che ci ha guidati non è stata la nazionalità, ma la ricerca di interlocutori con grandi potenzialità che, senza il supporto che abbiamo offerto, non avrebbero puntato sui nostri eventi. Tutto questo senza ragionare su una singola stagione, ma con un’impostazione finalmente pluriennale». C.Fo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dove vanno i finanziamenti Potenziamento Fiere italiane 2016: le manifestazioni a cui è destinato lo stanziamento pubblico di circa 30 milioni di euro SV OLGIMEN TO NEL 20 16 Oro Arezzo Vicenza Oro Macfrut Sicam Origin Vicenza Tecnargilla Milano Unica Cibus Tec Expodental Marmomacc Homi Eima Carrara Marmotec Micam Cremona MondomusicaEicma Pitti Uomo Mipel Bovino da Latte Interpoma Settimana della Moda Linea Pelle Salone di Genova Ecomondo Cersaie Sana Bimu S VOLGIMEN TO NEI PRIMI MES I DEL 20 17 Sigep Mido Vinitaly Autopromotec Expo Riva Schuh Cosmoprof Salone del Mobile Tuttofood Simac Tanning Tech Fonte: Agenzia Ice
Da scioglimento dei comuni sotto 5.000 abitanti proposto dal Pd, rischio caos per tante denominazioni importanti del vino Italiano da Barolo (739 abitati) a Barbaresco (670) al Greco di Tufo (934): lallarme delle Città del Vino
Un Barolo di Barolo (739 abitanti) o della “frazione” di Barolo? Un Morellino di Scansano (4.500 persone) o della “località” Scansano? E il Barbaresco (670 abitanti), il Greco di Tufo (934), l’Aleatico di Gradoli (1.479), i vini della Costa d’Amalfi con le sottozone di Furore, Ravello e Tramonti? Nell’ordine: 837; 2.500 e 4.147 abitanti. È salva per ora Montalcino, che, con 5.139 anime, potrà conservare il titolo di Comune; finché la demografia lo consente. Ma se passerà la proposta di di legge per obbligare i Comuni sotto i 5.000 abitanti a fondersi, presentata alla Commissione Affari istituzionali della Camera dei Deputati da 20 parlamentari Pd, c’è il rischio concreto di creare molta confusione ed effetti collaterali sul sistema delle denominazioni d’origine italiane, già ricca di vini conosciuti per il nome del Comune in cui sono prodotti, e con riflessi negativi anche sull’enoturismo e sulla produzione, per aspetti d’etichettatura, promozione e così via. A lanciare l’allarme l’Associazione Nazionale Città del Vino (www.cittadelvino.it).
Un rischio che riguarda decine e decine di comuni, da Morgex (Aosta) fino a Montevago (Agrigento), dalla Val d’Aosta alla Sicilia, spiega l’associazione che mette insieme 450 Comuni italiani a vocazione vitivinicola secondo cui la proposta governativa di “sciogliere” i Comuni sotto i 5.000 abitanti “rimette in discussione il territorio comunale creando un vulnus a molte denominazioni. Insomma, anziché rafforzarlo, s’indebolisce il terroir”.
“La nostra vitivinicoltura di qualità ha anche un’altra specificità: quella cioè d’essere prodotta in tanti Comuni sotto i 5.000 abitanti - sottolinea il direttore di Città del Vino, Paolo Benvenuti - in questa prospettiva la proposta di legge sullo scioglimento dei piccoli Comuni rischia di mandare in tilt il nostro sistema di qualità. Anche su questo è necessaria una riflessione attenta e una revisione, perché un conto sono le funzioni amministrative, un altro la rappresentanza degli interessi e del valore che le amministrazioni locali hanno in dote per storia, tradizioni, patrimonio e comportamenti”.
“La vitivinicoltura italiana e il sistema delle qualità delle denominazioni - aggiunge il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon, sindaco di Conegliano - ha come riferimenti principali il vitigno e il territorio, l’origine e la tipicità, ovvero quei presupposti delle denominazioni che andrebbero rafforzati e difesi e non minacciati dall’interno, con le nostre stesse mani. L’Associazione prevede due strade possibili per scongiurare ulteriori pericoli: il Testo Unico del Vino in corso di redazione, dove abbiamo sottolineato più volte ai relatori che andrebbe specificata meglio la caratteristica identitaria dei nostri vitigni, poiché nessun Paese al mondo basa la propria vitivinicoltura su un numero così elevato di varietà (oltre 500 quelle iscritte al Catalogo nazionale e molti gli autoctoni) e la veloce approvazione della proposta di legge che riconosce il mondo del vino italiano come patrimonio culturale”.