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Protocollo di certificazione “Riduci Risparmia Rispetta”

Vigneto etico in Valpolicella: ecco l’obiettivo del protocollo di certificazione “Riduci Risparmia Rispetta” del Consorzio Vini Valpolicella, Crea e Comuni (un modello esportabile). Tomasi (Crea): “il futuro nei comportamenti etici e sociali”

La sostenibilità del processo produttivo del vino certificata, per la prima volta in Italia, da un Consorzio di tutela, tramite un ente terzo, come strumento di sensibilizzazione ad una tematica sempre più importante, ma anche di mercato, per rispondere ad un valore etico che il consumatore di tutto il mondo chiede sempre di più. Succede con il Consorzio di Tutela dei Vini della Valpolicella (www.consorziovalpolicella.it), che approda alla certificazione del marchio “Riduci Risparmia Rispetta” (spendibile con un marchio in bottiglia) dopo cinque anni di lavoro sulla vitivinicoltura sostenibile, di cui la difesa sanitaria in vigna, con metodi ancora più restrittivi di quelli consentiti dalla legge (per esempio, vietando l’utilizzo di prodotti su cui esistono anche solo dubbi di potenziale pericolosità per uomo e ambiente), è solo uno dei pilastri, e che ha coinvolto le aziende, i referenti scientifici e le istituzioni del territorio (un progetto fortemente voluto dal direttore Olga Bussinello). “Una certificazione totalmente gratuita per chi aderirà - ha detto il presidente del Consorzio, Christian Marchesini - disponibile a partire dalla vendemmia 2016 e che sarà rilasciata dal Consorzio, dopo i controlli di un ente terzo, che in questo caso è Siquria”.
“La certificazione del protocollo di produzione integrata “RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta)” sviluppato insieme al Crea (http://vit.entecra.it) - spiega ancora il Consorzio - è una evoluzione necessaria, per favorirne ulteriormente la diffusione, e dovuta, per premiare i viticoltori virtuosi che ci hanno seguito nella fase pilota. Si tratta della prima start up in Italia di certificazione di un’area a denominazione, che potrebbe diventare anche un modello per altre zone di produzione, condivisa e ottenuta con il supporto fattivo delle amministrazioni locali”. Supporto fattivo e rappresentativo visto che i partner istituzionali del progetto sono i sindaci di Marano, Fumane, San Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio, Negrar, Verona e Illasi, comuni che rappresentano il 73% della superficie vitata della denominazione Valpolicella.
La certificazione di area, che contempla dalla conservazione del paesaggio a quella dell’ecosistema, dalla gestione delle risorse alla tutela della biodiversità, fino alla difesa, che ne è solo un “capitolo”, arriva al momento giusto per ricomporre le tensioni recenti insorte tra chi fa viticoltura professionale e chi vive e frequenta le aree dove agricoltura e urbanizzazione sono contigue come in Valpolicella.
Un momento in cui, peraltro, l’adozione di pratiche sostenibili offre un vantaggio riconosciuto dal mercato. Una sorta di quadratura del cerchio: il mercato, l’ambiente e le persone risultano ai primi posti sia come fattori di successo dell’impresa, sia come benefici della sostenibilità.
“I consumatori chiedono prodotti sempre più sicuri, di qualità e socialmente sostenibili - aggiunge ancora Marchesini - ed un territorio come la Valpolicella, che esprime una viticoltura d’eccellenza non può ignorare anche questi elementi di valore nella bottiglia”.
Il protocollo di produzione, steso dall’area tecnica del Consorzio, in collaborazione con il Crea-Vit di Conegliano, verrà testato, per tre anni, sotto ogni profilo per metterne a punto la completa attuabilità. “La qualità dell’uva è oramai data per scontata, ma un nuovo impegno dovrà essere profuso sui processi di produzione che devono essere frutto non solo di una stretta relazione tra vitigno e ambiente, ma anche di comportamenti etici e sociali - specifica Diego Tomasi, direttore del Crea-Vit, che curerà la parte scientifica del progetto - e questo nuovo rapporto tra viticoltura e ambiente dovrà essere particolarmente stretto nelle aree più blasonate e rinomate, come la Valpolicella, per le quali il consumatore presta maggiore attenzione al processo produttivo”.
“RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta)” sarà una certificazione di prodotto volontaria che fa riferimento alle norme UNI 11233 per i “Sistemi di produzione integrata nelle filiere agroalimentari”. Verrà effettuata dall’organismo terzo di Siquria e non andrà in nessun modo a sovrapporsi al sistema della denominazione di origine Valpolicella, in quanto quest’ultima rientra nel campo di certificazione di prodotto obbligatoria e regolamentata a livello europeo.
“Il disciplinare - spiega Renzo Caobelli, agronomo consulente del Consorzio dei Vini della Valpolicella - prevede “l’integrazione” dei diversi fattori della produzione, in primo luogo di quelli che naturalmente concorrono al ciclo produttivo, lasciando come ultima opzione l’uso di input esterni all’agro-ecosistema. Il capitolo della difesa da malattie e parassiti si ispira al concetto di precauzione. Le indicazioni sono piuttosto restrittive, avendo eliminato i fitofarmaci su cui insistono anche soltanto dei dubbi. Nel caso della cantina il protocollo è teso a tracciare le partite di uva certificate e non riguarda le pratiche enologiche”. La certificazione, che attesterà la produzione delle uve nel rispetto dell’ambiente e del territorio, sarà annuale e il marchio potrà essere apposto sulla bottiglia.

Focus - Diego Tomasi (Crea Conegliano): “c’è una nuova sensibilità al tema della sostenibilità, che viene dai consumatori, ma che è sempre più elemento costitutivo delle aziende del vino”
Una nuova sensibilità sulla sostenibilità che viene dai consumatori, ma che è sempre più elemento costitutivo delle aziende del vino. Ecco il contesto culturale da cui è nato, qualche anno fa, il protocollo “Riduci Risparmia Rispetta”, adottato in Valpolicella ed oggi arrivato alla certificazione. A spiegarlo Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano.
“Dall’indagine, che abbiamo fatto con l’Università di Verona, su oltre 600 cantine, è emerso che le priorità più indicate per la crescita sono, nell’ordine, investimenti in innovazione, terroir, sicurezza alimentare e qualità e sostenibilità. E quando si parla si innovazione - spiega Tomasi - ci si riferisce alla riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti, ai vitigni resistenti ai parassiti, ai portinnesti resistenti a siccità, sale, e così via, ad una gestione del vigneto più efficiente su base fisiologica, e alla viticoltura di precisione. Mentre quando si parla di sostenibilità ci si riferisce ad energie rinnovabili e all’autosufficienza energetica della cantina, al risparmio di acqua, alla conservazione del suolo compresi microbi e funghi, alla valorizzazione dei residui di potatura e di cantina, alla riduzione di Co2”.
“L’area tematica, dunque, è sempre la stessa. E la cosa interessante - sottolinea il direttore del Crea di Conegliano - è che da questo i produttori si attendono soprattutto adattabilità e rapidità di risposta ai cambiamenti (61%), il vantaggio economico viene alla fine (18%), anche dopo i benefici tecnici (minori trattamenti, qualità e così via, 21%). Perchè le sfide del futuro, quelle che chiedono tutti, anche i consumatori, sono quelle di produrre alimenti di maggiore qualità e salubrità, tutelare le risorse, garantire processi produttivi più sostenibili, migliorare la qualità della vita nella aree rurali, riuscire a produrre nuovi materiali ed energia dagli scarti. In sostanza, un futuro sostenibile. E’ una tematica condivisa a livello mondiale, visto che quella della sostenibilità è anche la n. 1 delle linee strategiche dell’Oiv (Office Internationale de la Vigne e du Vin) per il quinquennio 2015-2019”.
“In questo senso, questo protocollo, questo disciplinare di produzione integrata, non è nato con l’idea di porre nuovi limiti e divieti, ma per sensibilizzare ancora di più i produttori. E si basa su alcune parole chiave: mantenimento della biodiversità animale e vegetale, preparazione conservazione e gestione del suolo, conservazione degli elementi tipici del paesaggio, buone pratiche di impianto, difesa integrata e controllo degli infestanti, equilibrio del vigneto (inerbimento, concimazioni, irrigazione e così via), raccolta e tracciabilità. Assi strategici su cui muoverci per guardare al futuro. Senza fermarci e accontentarci: dobbiamo chiederci - ha concluso Diego Tomasi, direttore del Crea di Conegliano - continuamente dove abbiamo sbagliato in passato, e creare su questi concetti un senso di comunità e condivisione. Anche perchè le pratiche agricole, oggi più che mai in passato, sono soggetta ad una sorta di “approvazione sociale”, anche quando si parla di viticoltura, perché spesso le persone sono contrarie a scassi massicci per la realizzazione di nuovi vigneti, all’utilizzo di diserbanti e così via. E’ per questo che il 60% dei consumatori è disposto a pagare di più per un vino biologico che ha grosso modo le stesse caratteristiche organolettiche di uno convenzionale: per motivi legati a salute, alla cura dell’ambiente, e per sostenere così i produttori considerati virtuosi”.

Fonte: Winenews

Passa anche dalla registrazione dei domini web la tutela del made in Italy

Passa anche dalla registrazione dei domini web la tutela del made in Italy e, dopo il caso del dominio chianti.wine, in mano ad alcune società asiatiche, il Comune di Canelli registra moscatocanelli.vin e moscatocanelli.wine

Passa anche dalla registrazione dei domini web la tutela del made in Italy e, dopo il caso del dominio chianti.wine, in mano ad alcune società asiatiche, il Comune di Canelli ha registrato quattro domini: moscatocanelli.vin, moscatocanelli.wine, cattedralisotterranee.wine e cattedralisotterranee.vin. Ad annunciarlo è il sindaco di Canelli, Marco Gabusi, che spiega come si tratti di “un tentativo di tutela dei marchi italiani, portato avanti dal Comune astigiano dove 150 anni fa nacque il primo spumante italiano.
Con questo piccolo gesto - racconta Gabusi - cerchiamo di mettere al riparo due marchi unici e simbolici per il nostro territorio, per evitare quanto accaduto, ad esempio, al dominio chianti.wine, in mano a società asiatiche o altri casi simili sul territorio italiano. Bisogna saper cogliere le opportunità, prima ancora d’intraprendere battaglie legali”.
I nuovi domini, così, potranno essere utilizzati per progetti comunali o messi a disposizione di enti o associazioni, che vorranno “realizzare progetti e iniziative a favore del territorio canellese e delle sue eccellenze”.

Fonte: Winenews

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