Infowine22.2: Operawine, allarme clima, innovazione

Le 101 cantine di Operawine 2016 by Wine Spectator e Vinitaly

Sono 101 le etichette di “Opera Wine” n. 5, la degustazione dei migliori vini d’Italia firmata “Wine Spectator”, che aprirà il Vinitaly n. 50. Tra aziende note e realtà emergenti (c’è anche Sting), 8 debuttanti assoluti e tanto turnover

Sono 101 le etichette dell’edizione n. 5 di “Opera Wine”, la degustazione dei migliori vini d’Italia firmata “Wine Spectator”, che il 9 aprile aprirà simbolicamente il Vinitaly n. 50. La linea scelta, ancora una volta, è quella di affiancare aziende note a realtà meno conosciute di tutti i territori del Belpaese, con un discreto turnover sull’edizione 2015, come racconta il “Corriere della Sera”, sicuramante grazie alla ormai famosa partnership editoriale tra Rcs e Marvin Shanken (editore di “Wine Spectator”), che anche quest’anno  dovrebbe essere rinnovata.
Sono 8 i debuttanti assoluti, tra cui spicca Tenuta Il Palagio, l’azienda toscana del cantante Sting (che dovrebbe essere a Verona), con l’annata 2011 del Sister Moon. E poi la calabrese Ippolito 1845, con il Cirò Ripe del Falco Riserva 2001, la pugliese Schola Sarmenti delle famiglie Calabrese e Marra, l’abruzzese Binomio, Castello d’Albola, l’avamposto nel Chianti Classico della famiglia Zonin, la piemontese Elvio Cogno, dal Prosecco La Bellenda e infine La Tunella, dai Colli Orientali del Friuli. Rientrano nella lista, dopo aver saltato una o più edizioni, Di Majo Norante dal Molise, il prosecchista Bisol, la siciliana Cusumano, la toscana Castello Banfi e la veneta Bertani Domains.
Info: www.operawine.it

Focus - Le 101 cantine di OperaWine 2016
Agricola Punica
Aldo Conterno
Allegrini
Altesino
Anselmet
Argiolas
Arnaldo Caprai
Avignonesi
Badia a Passignano
Barone Ricasoli
Bertani
Bellavista
Bellenda
Bibi Graetz, Testamatta
Biondi Santi
Binomio
Bisol
Braida di Giacomo Bologna
Bruno Giacosa
Ca’ del Bosco
Cantina Terlano
Cantinae Lunae Bosoni
Carpineto
Casanova di Neri
Castellare di Castellina
Castello Banfi
Castello d’Albola
Castello di Ama
Castello di Volpaia
Cavallotto
Ceretto
Cesari
Cusumano
D’Angelo
Damilano
Dettori
Di Majo Norante
Donnafugata
Drei Donà
Elena Walch
Elvio Cogno
Falesco
Fattoria di Fèlsina
Ferrari
Feudi di San Gregorio
Fontodi
Gaja
Gianfranco Fino
Giuseppe Mascarello & Figlio
Il Poggione
Ippolito 1845
J. Hofstätter
Jermann
La Tunella
Le Macchiole
Leonildo Pieropan
Les Crêtes
Librandi
Lini Oreste & Figli
Livio Felluga
Luciano Sandrone
Lungarotti
Marco Felluga
Masciarelli
Masi
Masseria Li Veli
Massolino
Mastroberardino
Mastrojanni
Mazzei
Medici Ermete
Mirafiore
Nino Negri
Odoardi
Paolo Scavino
Petrolo
Planeta
Prà
Re Manfredi
Renato Ratti
San Felice
Schola Sarmenti
Siro Pacenti
Suavia
Tabarrini
Tasca d’Almerita
Tedeschi
Tenuta dell’Ornellaia
Tenuta di Nozzole
Tenuta il Palagio
Tenuta San Guido
Tenuta Sette Ponti
Terra di Lavoro
Terre Bianche
Terredora
Tommasi
Tormaresca
Umani Ronchi
Valdicava
Vietti
Zenato


l clima che cambia: è allarme per le viti?

Un’attenta analisi scientifica non solo dei fenomeni attuali, ma anche della storia della climatologia in relazione alla viticoltura, porta a scenari futuri più sereni rispetto a quelli ansiogeni raccontati dalla comunicazione di massa

Della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP 21), conclusa da poco, i mass media hanno enfatizzato i pesanti allarmi sul futuro del clima, che ormai da anni preoccupano molte persone, in particolare chi col meteo deve fare i conti per lavoro, come i viticoltori. Per non limitarci a ripetere le notizie già ampiamente diffuse, abbiamo chiesto a un vero esperto di fare le sue riflessioni ponderate, che mettessero in rapporto il clima con la viticoltura, e quello che ne è emerso è un quadro più sereno, rispetto a quello dipinto da altre fonti.

L’autore dell’articolo è Luigi Mariani, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano e professore di Storia dell’Agricoltura all’Università degli Studi di Milano-Disaa, ateneo per il quale è stato anche docente Agrometeorologia e Agronomia. Dunque, preparato non solo su quello che è il clima oggi, ma anche sulla sua storia in relazione all’agricoltura, e quindi anche alla viticoltura. Perché è analizzando i fenomeni in un arco temporale più ampio che gli si dà il giusto peso.

Nel testo si analizza quella che è la “macchina del clima”, ovvero i tre elementi chiave su cui si basa, che sono: l’equilibrio energetico, la circolazione atmosferica e l’effetto serra. Guardando al passato, si sfatano alcuni miti, come quello dell’idea di un clima benigno prima che l’uomo rovinasse tutto con le sue azioni. La paleoclimatologia mostra invece come nella storia dell’uomo ci siano state fasi calde, chiamate “optimum”, ideali per l’agricoltura, che si sono alternate a fasi di deterioramento climatico, nelle quali le coltivazioni hanno sofferto parecchio a causa del freddo e dell’eccesso idrico. E questo molto prima dell’industrializzazione.

Analizzando la storia della viticoltura in Europa, da quando si è insediata fino ai giorni nostri, si evidenziano tre fenomeni fondamentali che la caratterizzano: una rilevantissima variabilità interannuale, una ciclicità sessantennale, frutto dell’alternarsi di fasi fredde e fasi calde nelle temperature delle acque superficiali dell’Oceano Atlantico, e il trend di crescita della temperatura in atto dalla fine della piccola era glaciale (1850 circa), questo sì, con ogni probabilità influenzato dalle attività umane.

Alla luce di questa approfondita analisi, si possono tracciare alcuni scenari futuri interessanti per i viticoltori, che si possono leggere nell’articolo integrale, pubblicato sul numero 6 del Corriere Vinicolo. Per riportarne solo uno, da una serie di segnali provenienti dagli altri oceani, si può dedurre che la fase attuale caratterizzata da temperature dell’Atlantico al di sopra della norma stia per finire e che ci si stia avviando verso una nuova fase fredda. Ciò lascia presagire una diminuzione delle temperature europee simile a quella verificatasi negli anni ’50 e ‘60 del XX secolo.


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