Infowine3.7: Diritti impianto, tavolo ministerile, Ttip vino

VINO: I DIRITTI DI IMPIANTO DEI VIGNETI AL RUSH FINALE

Rush finale per diritti di impianto dei vigneti che potranno essere commercializzati solo fino al 31 dicembre 2015. Dal prossimo anno scatta la fase attuativa del passaggio al nuovo sistema delle autorizzazioni Vino, diritti d'impianto al rush finale Dal 2016 bando unico per i nuovi vigneti ma le future licenze non avranno valore patrimoniale Entra nella fase decisiva il passaggio, previsto dalla riforma Ocm del 2012, dai diritti di impianto dei vigneti alle autorizzazioni all'impianto.

Il termine ultimo entro il quale i vecchi diritti saranno commercializzabili è infatti fissato al 31 dicembre 2015. Ed entro quella data potranno e dovranno essere utilizzati anche i circa 50mila ettari di diritti in portafoglio detenuti dalle singole amministrazioni regionali. Lo scorso febbraio con decreto del ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, è stato di fatto cancellato il blocco predisposto da quasi tutte le amministrazioni regionali per vinco-lame la commerciali77a7ione al solo territorio regionale. Con la rimozione del blocco ne è stata invece sancita la trasferibilità. Un fondamentale tassello - chiesto a gran voce da tutta la filiera - decisivo per consentire l'utilizzo delle licenze in riserva. Ma la partita non si esaurisce certamente qui. Al momento stanno entrando nella fase decisionale anche altre importanti questioni. Innanzituttoo nelle prossime settimane saranno chiarite le modali- ta di utilizzo e di distribuzione della quota (pari all'1% a del potenziale nazionale) di nuove autorizzazioni che ogni anno potranno essere messe a bando. Dei principali nodi ancora irrisolti e legati al passaggio dal sistema dei diritti a quello delle autorizzazioni se ne è discusso nei giorni scorsi a Tarzo, comune nel cuore dell'area del Prosecco, a pochi chilometri da Conegliano e Valdobbiadene in un incontro organizzato da Banca Pre-alpi. «Per le future autorizzazioni - ha detto Alda Zaccariotto, consulente presso lo studio Franescon e Collodi - sembra che l'orientamento prevalente al Mipaaf sia quello di prevedere una gestione nazionale, e quindi con un unico bando con una distribuzione poi "pro rata" in base alle richieste. L'ipotesi è quella di dare precedenza a coloro che già sono viticoltori anche se potrebbe essere prevista una finestra anche per i casi di primo insediamento». Altra ipotesi allo studio riguarda la definizione di sanzioni efficaci a carico dei viticoltori che pur assegnatari di nuove autorizzazioni poi le lascino inutilizzate. Ma le incognite sul nuovo sistema non sono solo procedurali. Una questione chiave ad esempio riguarda il valore patrimoniale dei diritti di impianto, spesso utilizzato a garanzia nei rapporti col credito, e che nel passaggio alle autorizzazioni dovrebbe venir meno. «Mentre i diritti erano cedibili e trasferibili - ha spiegato Federica Bianchin del Clive dell'Università di Padova - le autorizzazioni non lo saranno. Ed è impossibile che qualcosa di non negoziabile possa avere poi un valore nominale. Parallelamente però, va anche detto che in questa marcia di avvicinamento verso il sistema delle autorizzazioni, il valore fondiario dei vigneti, in particolare nelle aree Doc e di pregio, si sta rivalutando». E difficile dire se il potenziale incremento dei valori fondiari possa rappresentare una compensazione per l'eventuale perdita del valore dei diritti. «L'altro elemento fondamentale - ha aggiunto Michele Crivellaro, direttore marketing di Csqa Valoritalia - è la rivalutazione delle quotazioni dei vini che in futuro potrà venire se le imprese riusciranno a rispondere alla crescente domanda di vini biologici, realizzati nel rispetto della sostenibilità ambientale delle produzioni e se riusciranno a implementare le vendite on line in modo da affiancare i canali tradizionali». Se quindi per i viticoltori ci possono essere più paracadute in grado di compensare la perdita di valore delle licenze produttive chi invece rischia una penalizzazione netta è il sistema creditizio. «La domanda per noi - ha aggiunto il presidente di Banca Prealpi, Carlo Antiga - come dovremo comportarci nel valutare richieste di fido in presenza di un chiaro indebolimento delle garanzie patrimoniali?». A rispondere il docente del Cirve dell'Università di Padova, Luigi Galletto. «Nel passaggio dal sistema dei diritti a quello delle autorizzazioni - ha spiegato - le banche dovranno prendere atto del minor peso delle garanzie fondiarie e migliorare la propria capacità di valutare l'imprenditorialità, le potenzialità comerciali di un'etichetta e in generale le capacità di generare sviluppo. Insomma andrà tenuta in maggior conto la capacità di fare impresa».

Autore: GIORGIO DELL'OREFICE

Fonte: Sole24Ore


Un piano nazionale per l’agricoltura di precisione

Annunciato dal ministro Martina ad Expo l'avvio di un tavolo tecnico per la redazione di una strategia d'investimento italiana su questa tematica

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che oggi il ministro Maurizio Martina, partecipando in Expo all’iniziativa di Finmeccanica sull’utilizzo della tecnologia, dei satelliti e dei droni in agricoltura, ha annunciato l’avvio di un tavolo tecnico di lavoro presso il Ministero, per la redazione del primo Piano nazionale per lo sviluppo dell’agricoltura di precisione, valorizzando a tal fine le risorse della Rete Rurale nazionale prevista nell’ambito del secondo pilastro della PAC.

“Unendo le professionalità di enti e istituzioni pubbliche, a cominciare dal CREA, – ha dichiarato il Ministro Martina – con le migliori esperienze private di settore, è possibile arrivare entro fine anno alla redazione di una vera e propria strategia d’investimento italiana sulla frontiera dell’agricoltura di precisione a tutto vantaggio delle peculiarità del nostro modello agricolo. Sono convinto che l’Italia possa diventare leader in Europa nell’utilizzo di tecnologie e innovazioni in grado di rendere più efficienti le pratiche agricole, puntando sulla sostenibilità ambientale e aumentando la competitività delle nostre imprese”.
“Vogliamo lavorare con le Regioni per sfruttare al meglio le opportunità che abbiamo – ha proseguito Martina – con la nuova programmazione dei fondi europei per investire nella sperimentazione e nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative con i Partenariati europei per l’innovazione, che vedranno protagonisti enti di ricerca, università e imprese. Allo stesso tempo grazie ai Programmi di sviluppo rurale fino al 2020 avremo più di 1 miliardo di euro da dedicare agli investimenti innovativi delle imprese, con un contributo che va da un minimo del 40% a un massimo del 50%. Per incentivare ulteriormente l’ammodernamento delle aziende agricole abbiamo promosso la stipula di convenzioni tra Regioni, Organismi pagatori e Abi per concedere prestiti agevolati fino al 100% delle spese che rientrano in questi programmi”.

“Ci sono filiere e territori – ha concluso il Ministro – pronti a investire su questa sfida decisiva per il futuro del modello agricolo italiano. Siamo leader nella meccanizzazione agricola, nei sistemi esperti di irrigazione, e crediamo sia venuto il momento di fare un ulteriore salto di qualità. Con il piano nazionale avremo finalmente una strategia unitaria e una sinergia nuova tra pubblico e privato per dare futuro alla nostra agricoltura


Ttip. Rischio o opportunità per il vino?

Ancora strada in salita per l'accordo di libero scambio Ue-Usa. A due anni dall'inizio della discussione, abbiamo raccolto i pareri di possibilisti e contrari. Tanti i benefici anche per 'Europa, ma a quale prezzo?

Non ha un percorso facile il trattato commerciale per il libero scambio tra Ue
e Usa (Ttip-Transatlantic Trade and Investment Partnership) iniziato nel luglio 2013. Se da
una parte i negoziatori, come la Commissaria europea al commercio
Cecilia Malmström, considerano l’accordo “un’opportunità di rilanciare la crescita e
creare nuovi posti di lavoro”, nella società civile di molti Paesi europei crescono le perplessità e le opposizio
ni. La riservatezza che ha caratterizzato gran parte dei 9 round negoziali svolti sinora, non ha fatto altro
che aumentare la diffidenza. L’ultimo incidente di percorso risale ad appena due settimane fa. Infatti il
voto previsto lo scorso 10 giugno all’Europarlamento di Strasburgo sulla “relazione Lange”, dal nome
del deputato presidente della Commissione per il commercio internazionale, nella quale si fa il punto
delle trattative e si esprime la posizione del Parlamento europeo attraverso delle raccomandazioni,
è saltato ed è stato rimandato a data da destinarsi.
Sulla decisione pesano gli emendamenti presentati alla relazione, circa 200, così come la richiesta di voto separato e per chiamata nominale. Ma soprattutto pesano, e non poco, i due milioni di firme raccolte dalle associazioni NoTtip che contestano
l’intero impianto dell’accordo.
perché il ttip ?
L’obiettivo è quello di creare la più grande area di libero scambio del mondo attraverso l’integrazione tra i due mercati, Usa e Ue, riducendo o  eliminando i dazi doganali esistenti, rimuovendo tutte quelle norme e quei regolamenti (sanitari,
fitosanitari, ecc.) che attualmente limitano gli scambi commerciali. Per arrivare a raggiungere il risultato è necessario trovare una mediazione tra gli standard esistenti nei due Paesi. La preoccupazione di molti, non solo in Europa, è che
in questo modo si abbassino le difese e si apra la porta a prodotti di bassa qualità (carne agli ormoni, Ogm, ecc.) sinora rimasti fuori. Dall’inizio le obiezioni, solo per rimanere nell’ambito del vino, sono state numerose. Per esempio, negli Usa le
Denominazioni di origine non esistono, esistono solo dei marchi commerciali aziendali. Non solo ma mentre per noi, Chianti, Marsala, Champagne, Borgogna e altre ancora – complessivamente sono 17 in discussione – sono Indicazioni
Geografiche protette che possono utilizzare solo i produttori di quelle zone, per gli americani sono
semplicemente tipologie produttive e in quanto tali, usufruibili dovunque. Ma le differenziazioni
sono sulla definizione di vino biologico oppure sul riconoscimento delle pratiche enologiche ammesse dall’Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) a cui aderiscono 46 paesi del mondo. Nel 2001, gli Usa, non volendo accettare
gli standard proposti dalle risoluzioni Oiv, vincolanti per i Paesi aderenti, hanno creato un’organizzazione alternativa, il World wine tradegroup (Wwtg) a cui aderiscono 7 Paesi. Insomma diversità di vedute e di impostazioni, di non poco conto
che fanno riferimento a storie, tradizioni e culture produttive a cui non è facile rinunciare. La strada
sembrerebbe più vicina per quanto riguarda l’eliminazione delle barriere tariffarie vere e proprie,
la riduzione delle documentazioni richieste e in generale del carico burocratico con conseguente
calo degli oneri economici che tuttora gravano sulle esportazioni.


i favorevoli

Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D
(socialisti e democratici), sia della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo sia per il negoziato di libero scambio Ue-Usa (Ttip), ricorda che “Non bisogna pensare solo ai rischi, ma anche alle opportunità, rispetto ad un mercato Usa checonta 350 milioni di abitanti con un reddito pro capite del
50% più elevato di quello europeo. Sentiamo sempre dire che l'export è l'unica strada per crescere, gli Usa sono il nostro primo mercato e questo Trattato rappresenta un'occasione da non mancare
”. Infatti a livello europeo il saldo della bilancia agroalimentare è positivo per l’Unione e nell’ultimo decennio è stata caratterizzato da una continua crescita. In particolare per l’Italia, il mercato Usa rappresenta la terza destinazione delle nostre spedizioni e alcuni comparti (vino, olio, formaggi, salumi e prosciutti, ecc.) l’Italia ha il primato delle importazioni. Resta però il fatto che gli ostacoli non tariffari ci sono (differenze di requisiti sanitari, ambientali,
fitosanitari,  di  sicurezza  alimentare,  riconoscimento delle Do, ecc.) e limitano le nostre potenzialità.
Alessandra Lanza è la responsabile delle Strategie industriali e territoriali di Prometeia, la società di consulenza bolognese che per il Ministero dello sviluppo economico ha effettuato una ricerca sul possibile impatto del Ttip sulla nostra economia. “
Secondo il nostro studio gli effetti dell’applicazione del trattato su tutti i valori dell’export italiani sarebbero positivi a partire da moda, agricoltura, meccanica, auto, alimentari e bevande, metalli, chimica, ecc. In modo particolare per quanto riguarda il settore agricolo” ci ha detto Lanza “ nello scenario più ottimistico la crescita segnerebbe un +15%, nello scenario intermedio +8%, nello scenario più cauto +1,5%. Nell’alimentare e nelle bevande (settore di cui il vino fa parte; ndr),
l’incremento nei tre scenari sarebbe rispettivamente dell’8%, del 5,5%, dell’1%. È ovvio che all’interno dei settori merceologici citati, gli aumenti possono essere distribuiti in modo diverso in quanto le aziende
possono reagire alle opportunità offerte dal Trattato, in modo differenziato”. Anche l'Istituto Italiano per il Commercio Estero ha stimato che un ambizioso accordo Ttip potrebbe aumentare le esportazioni italiane verso gli
Stati Uniti di circa 5,6 miliardi di euro e creare fino a 30 mila nuovi posti di lavoro.

i contrari
Nel dibattito che si è aperto sul Ttip sono da segnalare anche alcune prese di posizione che hanno fatto
molto discutere. Ad iniziare dall’americano premio Nobel per l’economia (2001)
Joseph Stiglitz il quale
durante una lectio magistralis tenuta alla nostra Camera dei Deputati ha dichiarato senza mezzi termini.
“Penso che l’accordo di scambio che gli Stati Uniti stanno chiedendo all’Europa sia un pessimo accordo, e fareste bene a non
firmarlo. Non si tratta di un accordo di libero scambio... gli Usa vogliono un patto di gestione del commercio, gestione per
gli interessi particolari degli Stati Uniti, e nemmeno nell’interesse dei cittadini americani”. Anche un altro Nobel per
l’economia come Paul Krugman
non lesina critiche al trattato sostenendo che ormai le economie
sviluppate sono tutte molto aperte e rispetto al passato hanno ridotto le barriere commerciali. L’accordo
pertanto non inciderebbe tanto sul piano economico
generale quanto sui marchi, sui brevetti et similaria
a tutto vantaggio delle grandi imprese monopolistiche che li possiedono. Tra gli aspetti maggiormente
contestatati dal Ttip la creazione dell’Investor-State
Dispute Settlement (Isds) vale a dire un tribunale arbitrale privato che tratta degli eventuali contenziosi
tra multinazionali e governi vede l’opposizione dello
stesso Presidente della Commissione Ue Juncker, che
ha dichiarato di non accettare che la giurisdizione dei
tribunali degli Stati membri sia limitata dai regimi
speciali (tipo Isds) sulle controversie con gli investitori.
La Commissaria Malmström stima che le trattative si
potrebbero chiudere nel 2016. Intanto entro questo
mese, a Bruxelles, si svolgerà il decimo round negoziale. Alla fine degli incontri, il testo dell'accordo verrà
trasmesso ai governi dei 28 Paesi membri dell'Ue e al
Parlamento europeo, ai quali spetterà l'approvazione.
Vale la pena ricordare quanto ha scritto nella sua relazione Lange: “
Il contenuto dell'accordo è più importante del  ritmo con cui avanzano i negoziati
”. È auspicabile sia così.

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